A me anche è morto un padre da circa un anno. Una malattia l’ha strappato alla nostra famiglia in poco tempo. Mi chiedono spesso che padre è stato, aneddoti, in cosa gli somiglio, in cosa invece eravamo e siamo differenti.
Allora inizio a raccontare, poi gli occhi diventano lucidi e cambio discorso.
Ecco, gli occhi lucidi e il desiderio di cambiare discorso li ha pure Maria Concetta Riina, figlia del boss Totò Riina.
Maria Concetta ci parla di un padre amorevole, attento, dolce. Certo, cambiavano spesso città i ragazzini che, come nei tempi antichi, avevano come precettore proprio Ninetta Bagarella, madre e moglie di questa famiglia Italiana. Andavano alla Santa Messa, facevano la spesa. Ecco che oltre ad un assassino si intravede quest’uomo con il completo gessato sul blu e il profumo di dopobarba, che mangia spaghetti e che decide indisturbato la vita e la morte di un paese. Un padre di famiglia, che si presta con non pochi vantaggi ad essere l’esecutore materiale di crimini di Stato. In cambio vacanze, soldi e spaghetti. Cosanostra, come tutte le mafie, senza l’aiuto di una parte dello Stato, non avrebbe ragione di esistere, ramificarsi. Senza una parte di giornalismo neppure ci sarebbe spazio per “i ricordi rosa” di Concetta.
Poichè se vale il principio che i processi non si fanno in tv, non c’è neppure spazio per commemorare, ricordare, umanizzare un assassino.
Quando morì Totò Riina scrissi questo pezzo. Quando si muore al Sud, nella mia terra, “e fimmini su a niri”. Le donne vesite di nero avvolte da uno scialle che incastra il loro dolore, si ciondolano in sedie di vimini, non si prega ma arguiscono lamenti senza parole.
Nella mia terra, “quell’aspro mundi”, la morte è nostra amica, le “fimmini anniri ” le trovi per strada, con gli occhi trabuzzati di pianto. E una volta che sarete vicini, lei lo dirà: “me fighio”, “mi marito”, “mi jennero”. Ecco, lei ti dirà questo, senza aggiungere altro, lì dov’è la pallottola puntata nel suo cuore.
È pieno di compromessi il cuore delle “fimmine” del Sud. In un angolo sanguinolento c’è il dolore per il figlio morto.
Nell’altro c’è la nera obbedienza al sistema.
L’ obbedienza “allu signuri”, “lu signuri della terra”, mica quello del Cielo. Qui cielo e terra non si incontrano mai.
“Lu signuri della terra” che “vena da tu fighiu”.. la notte prima gli ha dato “ordini di morte”, oggi entra “da fariseo”.. e tu gli fai il caffè più nero che mai al signore della morte.
Oggi “u signuri “, oggi sarà lui ad essere visitato. Il tempo, che è galant’uomo, quando si “prende i suoi ” non beve neppure il caffè.
Oggi donne su sedie di vimini “lamentano lu signuri”. Da un’altra parte poco lontano c’è chi tenta di salire sull’Olimpo del potere di morte, sangue e obbedienza.
Poi c’è la gente comune e perbene che pensa senza empatia, né dolore, che oggi “u signuri” della terra e il Dio Onnipotente si incontreranno e immaginiamo un incontro duro, e questo ci solleva l’animo. Perché questa morte è la vendetta del tempo.